procida ispira
una sola
— moltitudine
nell’ambito del programma culturale
di Procida capitale italiana della cultura 2022
arte/mostre
una partitura visiva costruita con le fotografie
La poetica di un grande fotografo contemporaneo restituisce visioni dell’isola attraverso un percorso di immagini in bianco e nero che oscillano tra la penombra di Palazzo d’Avalos, ex carcere borbonico di Procida, e l’intensa luce del paesaggio mediterraneo.
All’interno dell’edificio una moltitudine di scarpe, di indumenti, matasse e reperti particolarmente significativi e simbolici, diventano testimoni di una condizione di vita.
Dal carcere come concetto di reclusione si arriva al desiderio di libertà e di evasione, in una dimensione onirica in cui le immagini suggeriscono visioni legate ai ricordi e ai desideri.
La mostra segna il ritorno di Biasiucci sull’isola a distanza di trent’anni dall’esperienza al fianco di Antonio Neiwiller nel laboratorio che il grande regista e attore napoletano realizzò nella primavera del 1992 nella Casa degli aranci.
Le immagini esposte, montate fuori da un ordine cronologico, accompagnano il visitatore in un andamento scandito dall’oscillazione continua tra la penombra degli ambienti dell’antico carcere di Palazzo d’Avalos e l’intensa luce del paesaggio mediterraneo, come negli scatti dedicati al profilo delle nuvole.
Interno ed esterno, ombra e luce, paesaggio naturale e paesaggio umano, fuori da ogni schematismo, sono inquadrati da Biasiucci in una stessa dimensione visionaria, come i termini di un corpo unico dalle molteplici facce. Gli ambienti dell’antico carcere – custodi della solitudine dei suoi passati abitanti e delle ore perdute nel chiuso delle sue celle – si aprono ad accogliere la mobilità delle forme del paesaggio mediterraneo; e il limite, una volta invalicabile, di quel luogo di reclusione e isolamento si trasforma per il fotografo casertano nel punto di partenza per l’apertura verso una moltitudine di racconti.
Su tale piano mobile, Biasiucci dispone a contatto le tracce della presenza dell’uomo e le forme della natura: le une e le altre – antichi abiti di detenuti e limoni, piante di fico e corpi di giovani donne, gabbiani in volo ed enormi gomitoli di stoffa – immaginate come termini di un’unica scrittura visiva. In questo scorrere ciclico, scandito dal sovrapporsi di tempi lontani, l’intera sequenza delle immagini che compongono la mostra Una sola moltitudine, appare attraversata da una sottile tensione narrativa; come se, nel punto di vista dei detenuti un tempo rinchiusi in quegli antichi luoghi e nella loro condizione – esistenziale e visuale –, lo sguardo di Biasiucci abbia rintracciato lo spazio per l’esercizio di una inedita vitalità creativa. Proprio da tale consapevolezza – dell’impossibilità per la fotografia di circoscrivere il mondo fisico e degli occhi di chi è detenuto di abbracciare il paesaggio naturale – le singole fotografie che compongono questo nuovo progetto di Antonio Biasiucci sembrano trarre il loro inedito equilibrio formale, e la possibilità di far incontrare forme contigue ma separate e distanti, riunendo in un’unica cornice il visto e l’immaginato, il chiuso e l’aperto dello sguardo.
info
una selezione di fotografie del fotografo casertano Antonio Biasiucci
foto di
Antonio Biasiucci
mostra a cura di
Gianluca Riccio
orari di visita
palazzo della cultura
terra murata
luglio e agosto
dalle ore 10,00 alle ore 18,00
settembre
dalle 10,00 alle 13,00
dalle 15,00 alle 18,00
giorni di chiusura
lunedì e domenica
ingresso gratuito
una sola moltitudine
dal 28 luglio al 29 settembre
palazzo della cultura
terra murata
—
inaugurazione
giovedì 28 luglio
ore 19,00
Antonio Biasiucci
Nasce a Dragoni (Caserta) nel 1961. Nel 1980 si trasferisce a Napoli, dove comincia un lavoro sugli spazi delle periferie urbane e contemporaneamente una ricerca sulla memoria personale, fotografando riti, ambienti e persone del paese nativo. Nel 1984 inizia una collaborazione con l’Osservatorio vesuviano, svolgendo un ampio lavoro sui vulcani attivi in Italia. Nel 1987 conosce Antonio Neiwiller, attore e regista di teatro: con lui nasce un rapporto di collaborazione che durerà fino al 1993, anno della sua scomparsa. Fin dagli inizi la sua ricerca si sviluppa come un viaggio dentro gli elementi primari dell’esistenza. Numerosissime le mostre personali e le partecipazioni a mostre collettive, a festival e rassegne nazionali e internazionali. Ha collaborato inoltre a diversi progetti editoriali, e ha partecipato a importanti iniziative culturali di carattere sociale. Nel 2012 fonda il Lab per un laboratorio irregolare, un percorso per giovani fotografi, a cui trasmettere un metodo di costante approfondimento e critica del proprio lavoro. Attualmente insegna “Fotografia come linguaggio artistico” all'Accademia di Belle Arti di Napoli e all'Accademia di Belle Arti di Roma e all’Università Iulm di Milano.
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