procida ispira

abitare
— metafisico

nell’ambito del programma culturale
di Procida capitale italiana della cultura 2022

arte / mostre


rendere visibile l’invisibile

Procida tra vista e visione, per rivelare la sostanza primigenia delle cose, animate o inanimate. Niente sembra pensato per sempre, ma tutto si tiene con tutto.


L'omaggio all'isola di uno dei grandi fotografi contemporanei attraverso una personale che racchiude un percorso straordinario, riassunto in sette scatti simbolici che declinano la sua visione di Procida, esplorata nei suoi viaggi compiuti da metà degli anni settanta al duemila. Il racconto parte dal viaggio, attraversa l'approdo e tocca la materia delle cose.


16 ottobre
inaugurazione

palazzo della cultura
terra murata
ore 14,00

 

info


Una mostra inedita del Maestro della fotografia Mimmo Jodice


palazzo della cultura
terra murata

ingresso libero

orari di apertura

  • ottobre
    10,00 — 13,00
    15,00 — 18,00

  • novembre e dicembre
    10,00 — 13,00

  • chiuso
    domenica pomeriggio e lunedì



La forma dell’acqua

di Marino Niola

full professor of cultural anthropology
co direttore medeatresearch-centro di ricerche sociali sulla dieta mediterranea
presidente comitato di indirizzo fondazione FICO bologna
università di napoli s.o.b.

È l’isola più vicina alla terraferma, ma nella geografia dell'immaginario Procida è la più lontana. Intima e marittima, inaccessibile e familiare. Pudica e solare nella sua misteriosa chimica del creato, rivela le sue leggi solo agli sguardi capaci di andare al di là di ciò che appare. Come quello di Mimmo Jodice, che gli arcani della natura e della storia li ha negli occhi. Perché è di casa nel mito, che è l’aurora delle forme. Non descrive i luoghi ma li crea.   

L’obiettivo dell’artista rende visibile l’invisibile, mostra il DNA delle sostanze primordiali, quelle gocce che sembrano cadere dal cuore abbagliante della luce e trasformano una balaustra in uno strumento ottico che consente di mettere a fuoco le metamorfosi dell’acqua della terra e dell’aria. Facendo di Procida un’isola contesa tra la vista e la visione. La prima contempla la compiutezza del paesaggio. Mentre la seconda buca la superficie delle cose e fa apparire i passaggi da uno stato all’altro della materia. 

Jodice ha un obiettivo presocratico, perché ci rivela la sorgente primigenia di tutte le cose, quelle animate e quelle inanimate. I primi filosofi dell’Occidente, come Talete, la chiamavano acqua ma in realtà intendevano dire che all’origine del tutto ci fosse qualcosa di fluido, una virtualità in perenne trasformazione tra la liquidità e la solidità. Era il principio invisibile della vita. “Poiché la vita si è fatta visibile noi l'abbiamo veduta”, recita il Vangelo di Giovanni. È proprio quel che vede e ci fa vedere Jodice. Che non ci rivela luoghi e persone, ma fa affiorare il bioritmo arcano della vita, la metamorfosi che apparenta il movimento acquatico al movimento dell’architettura. Che a sua volta diventa ritmica vivente della comunità. Archi, terrazze, tetti, scale dove niente sembra pensato per sempre e dove tutto si tiene con tutto. L’alto e il basso, il chiaro e l’oscuro, il dentro e il fuori. Dando allo spazio costruito la mobilità senza fine e senza confine di un mare di pietra che umanizza il respiro della natura.  

Come i muretti che rigano il foglio bianco del nulla. Geometrie che rendono visibile l’infinito, come la siepe leopardiana. O la pila di sedie che riquadra la grande distesa equorea e le dà una declinazione domestica. La trasforma in paese, in mare nostro. 

Improvvisamente Jodice rovescia la rappresentazione dell’isola. Cui di solito pensiamo come a una terra circondata dal mare, figlia delle correnti. Invece, le immagini di questo grande demiurgo degli elementi ci rivelano che non è il mare a fare l’isola, ma è questa a disegnare il mare. A dare contorni, limiti e senso a un’acqua che per gli antichi e per i poeti è l’indefinito per antonomasia. Insomma, l’obiettivo del maestro scopre la forma dell’acqua. 

Ulteriori rovesciamenti della percezione sono quegli scatti dove il mare ha la lucente fissità di un cristallo liquido, di un vetro soffiato. E il caos calmo delle onde, il biancheggiare delle schiume, hanno la sospensione plastica della scultura. Mentre i meravigliosi scogli tormentati dalla salsedine, le stratificazioni incise senza posa dal bulino del tempo, sembrano piroettare in slow motion, avvitate in una danza delle ere, al ritmo atemporale della creazione. Sempre alla soglia tra il farsi e il disfarsi delle forme.

In realtà questo grande creatore di ossimori visivi, di iperboli dell’occhio, trasforma il movimento nel suo opposto, una perfetta immobilità in cui la natura nasconde e svela le trasformazioni incessanti degli elementi. E fa di Procida il simbolo dell’insularità, sempre in bilico tra la marea dell’essere e l’onda di ritorno del divenire. Dove l’isola che non c’è, rappresenta il fotogramma segreto dell’isola che c’è.

 

foto di Gerard Rancinan


Mimmo Jodice

Mimmo Jodice vive a Napoli dove è nato nel 1934. Fotografo di avanguardia sin dagli anni sessanta, attento alle sperimentazioni ed alle possibilità espressive del linguaggio fotografico, è stato protagonista instancabile nel dibattito culturale che ha portato alla crescita ed all'affermazione della fotografia italiana anche in campo internazionale.

Agli inizi degli anni sessanta inizia una serie di sperimentazioni sui materiali e sui codici della fotografia, usando il  mezzo non come strumento descrittivo, ma creativo. Negli anni ‘70  vive a stretto contatto con i più importanti artisti delle neo avanguardie che frequentavano Napoli in quegli anni, dedicandosi sempre più alla fotografia di ricerca concettuale.

Nel 1980 pubblica “Vedute di Napoli” dove Jodice avvia una nuova indagine sulla realtà, lavorando alla  definizione di  un nuovo spazio urbano e del paesaggio, scegliendo una visione non documentaria ma sottilmente visionaria, di lontana ascendenza metafisica, alla quale resterà sempre fedele; questa ricerca segna una definitiva svolta nel suo linguaggio.

La ricerca sul “vedutismo” moderno rimane uno dei temi cari all’artista insieme al lavoro sul mito del Mediterraneo che ancora oggi continua. Il risultato fu un libro “Mediterraneo”,  pubblicato da Aperture, New York, e una mostra al  Philadelphia Museum of Art.  

Nel 2009 Il Palazzo delle Esposizioni di Roma gli dedica una grande retrospettiva e nel 2011 viene invitato dal Museo del Louvre per una personale con un nuovo lavoro : “Les Yeux du Louvre”. Sempre in quell’anno il Ministero della Cultura francese gli conferisce l’onoreficenza di “Chevalier de l’Ordre des Art et des Lettres”.

Nel 2016 il Museo Madre di Napoli gli dedica una mostra dagli anni '60 ad oggi ed una monografia  “Attesa”, ambedue curate da Andrea Viliani.

Nel 2017 la Fondazione MAST di Bologna presenta  “Gli Anni Militanti” di Mimmo Jodice a cura di François Hebel e nel 2018 il Multimedia Art Museum di Mosca presenta in una grande mostra EDEN, TRANSITI, ATTESA.

 

abitare metafisico

a cura di
Studio Mimmo Jodice

 
 
 
 

 

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